lunedì 12 aprile 2010

Il mercato fra ipocrisia e retorica


Il concetto di mercato in senso concorrenziale trova, dopo Adam Smith, le sue teorizzazioni più raffinate a partire dall’inizio del secolo scorso, con i cosiddetti neoclassici.

Secondo la dottrina economica prevalente, esso è quel luogo impersonale dove molte aziende e molti compratori, grazie al libero gioco della domanda e dell’offerta, si sottomettono a quello che è il prezzo naturale da esso risultante.

Nessuno può influenzare questo prezzo senza pregiudicare la giustizia regolatrice che lo accompagna.

In realtà le cose col tempo si sono un po’ complicate nel senso che questo “assioma”, nonostante la venerazione di cui gode, fa fatica ad operare concretamente.

Questo accade perché, dietro la consapevole retorica ed ipocrisia del mercato, tutti cercano freneticamente e più o meno lecitamente, di sottrarsi alle sue leggi.

A dire il vero nell’analisi economica neoclassica, questa situazione di imperfezione alla sua “purezza” era già nota, tant’è che furono coniati termini come, monopolio e oligopolio per giustificarne alcune anomalie di funzionamento. In buona fede probabilmente si credeva e forse si crede ancora, che queste fossero delle semplici eccezioni alla regola.

Purtroppo i nostri tempi ci suggeriscono ben altra realtà rispetto alla dottrina. Infatti dietro la facciata del mercato esistono e proliferano molti modi per controllare i prezzi e conseguentemente i relativi redditi.

Sulla materia ne sanno qualcosa già le grandi imprese multinazionali che data la loro dimensione, non rispondono più agli automatismi della domanda e dell’offerta, a queste si aggiungono quelle poche imprese che per qualche benedizione divina operano in concorrenza con pochi altri “compagni di mercato” facendo finta di districarsi in chissà quale concorrenza. Poi ci sono quelle aziende che si sottraggono alle regole del mercato attraverso “nuove” metodologie di management basate sugli oneri “extra-legali” - vedi tangenti, “centri benessere”, servizi gradevoli e personalizzati di belle escort e altro ancora, fino ad arrivare ad ogni singolo individuo che “compete” con i suoi pari nell’ottenimento di un qualche posticino o vantaggio economico cercando soluzioni di favore attraverso raccomandazioni, favori e o privilegi di ogni genere.

In questa sintetica e incompleta analisi tralascio volutamente lo Stato e gli eventuali altri suoi organi vitali in quanto si rischierebbe di entrare in un discorso più ingarbugliato dove parlare dei suoi monopoli e delle sue prerogative comporta una riflessione decisamente più complessa e poco adatta allo spirito un po’ provocatorio di questo scritto.

L’aspetto però che va sottolineato e sul quale si potrebbe meditare non poco è che forse non ha più senso parlare di mercato così come continuano a propinarcelo i manuali di economia.

Serve un nuovo approccio perché se la materia economica appartiene alle scienze sociali (i discepoli del prof. Friedman se ne dovranno fare una ragione prima o poi) e la società si evolve continuamente, allora dovrà evolversi anche il modo di insegnarla alla luce delle nuove variabili che inevitabilmente dovranno essere considerate.

16 febbraio 2010

Alberto Cacciatore

pubblicato su: www.galatina.it

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