Nel 2011 l’unità d’Italia compirà 150 anni e per festeggiare e commemorare adeguatamente questo anniversario, un comitato organizzatore, sta già lavorando ad un intenso programma di eventi e di mostre.
Nonostante ciò, per molti, questi festeggiamenti saranno l’ennesima occasione per criticare la storia risorgimentale e l’”inganno ideologico” con il quale si è voluto unificare il paese.
Certamente chi ha avuto la curiosità e il tempo di approfondire meglio le vicende di quegli anni, si sarà accorto probabilmente come la storia appresa sui libri, spesso sia raccontata in maniera parziale omettendo tante verità che, se rese note, forse getterebbero qualche serio dubbio su molti venerati eroi della nostra storia.
Tuttavia, a distanza di 150 anni, indipendentemente da quello che si pensi su Garibaldi, sui Savoia, sul Regno delle Due Sicilie, sul brigantaggio, sugli interessi dell’Inghilterra e della Francia, quel che conta è che questo paese nel bene o nel male, rappresenta ormai una nazione ben identificata da un popolo, una lingua, un territorio e, fino a qualche anno fa, anche da una moneta.
Dopo aver comunque superato periodi difficilissimi (quali due guerre mondiali, periodi di sfrenata corruzione e di totalitarismo) che misero a dura prova il paese, l’Italia si è saputa rinnovare trovando lo slancio per una moderna Carta Costituzionale che, se fosse stata attuata in ogni sua parte, forse avrebbe già sedato sul nascere tante critiche sulla sua dubbia storia risorgimentale.
Purtroppo però strada facendo questo paese, a parte gli anni di forte sviluppo vissuti grazie alla ricostruzione del dopoguerra, ha avuto un costante e sistematico declino che ha reso la maggioranza dei suoi cittadini più disincantata verso discorsi di unità nazionale e identità sociale.
Tanto per fare un esempio concreto, la nostra carta costituzionale all’art. 1 recita che il paese è una repubblica fondata sul lavoro.
Purtroppo questo articolo dal nobile principio, oggi potrebbe tranquillamente essere scritto in questa maniera:
“L’Italia è una repubblica di banche fondata sul debito dei contribuenti che fortunatamente ancora lavorano e continuano a pagare tasse esorbitanti, su aste finanziarie, su speculazioni statali e sugli interessi della finanza”
L’art.2 invece che recita che la sovranità appartiene al popolo e che la stessa viene esercitata nelle forme e nei limiti della costituzione, potrebbe tranquillamente essere riscritto in questo modo:
“La Sovranità appartiene apparentemente al popolo che in realtà non la esercita in concreto visti i numerosi limiti e ostacoli che continuamente è costretto ad affrontare.”
A questo punto cercherò di spiegare meglio, per quanto ne sia capace, il perché di quanto detto, con la speranza di non annoiare il lettore e di far passare qualche concetto a mio parere interessante.
Partiamo dall’art.1. Se effettivamente il nostro paese fosse una Repubblica fondata sul lavoro, l’economia sarebbe intesa principalmente come economia reale ossia un’economia fatta di lavoro e produzione di beni e servizi utili alla collettività. Questo significa che la politica dovrebbe avere il ruolo fondamentale di veicolare risorse e sforzi principalmente verso questo importante obiettivo sociale che, oltre a creare benessere per i suoi amministrati, creerebbe contemporaneamente i presupposti fondamentali per una forte coesione sociale che ad oggi invece, sembra essere sempre più sfilacciata rendendo futile e inutile per molti festeggiare l’unione del paese.
Se questo quindi fosse l’obiettivo principale dell’azione politica sull’economia, la finanza a quel punto avrebbe un ruolo altrettanto importante ma sempre e comunque di supporto allo sviluppo dell’economia reale.
Anche le banche avrebbero l’opportunità di rivalutare il loro ruolo proponendosi attraverso una nuova e vera funzione sociale che certamente le riaccrediterebbe agli occhi dell’intero paese. Infatti, se si passasse dall’attuale finalità speculativa predatoria a quella di supporto agli investimenti produttivi del paese, esse sarebbero certamente veicolatrici di sano sviluppo e con tutta probabilità non assisteremmo più a continue e sistematiche frodi ai danni dei risparmiatori (vedi bond argentini, Parmalat, Cirio, subprime etc.).
Con riferimento all’art. 2 della costituzione riguardante la sovranità del popolo, bisogna purtroppo ammettere anche qui che si tratta di una mera apparenza in quanto, uno dei presupposti fondamentali di uno stato sovrano, è quello di essere proprietario della propria moneta.
Oggi quest’ultima per confutabili motivi legati all’economia dei mercati finanziari, viene emessa attraverso un meccanismo di indebitamento che ha come folle conseguenza, quella di indebitare sempre più il paese con il rischio di bancarotta dello stesso (vedi Grecia) e con la costante perdita di competitività legata al sistematico aumento della pressione fiscale.
Come se non bastasse, questa mancanza di sovranità monetaria finalizzata all’economia reale è diventata ancora più difficile da attuare perché, appartenendo l’Italia ai paesi dell’euro, non solo non può permettersi più di svalutare la valuta per dare competitività alle esportazioni ma, la rende assolutamente dipendente dalle politiche monetarie attuate dalla Banca Centrale Europea, un organismo sovranazionale che, senza un referendum democratico, ha acquisito la sovranità monetaria degli stati aderenti semplicemente a mezzo di un trattato fatto fra governanti pro tempore.
Prima di andare avanti nel ragionamento, vorrei a scanso di equivoci, sbarazzarmi di un pregiudizio che certamente molti in questi casi, sono soliti avere in modo quanto meno superficiale, tacciando tutti coloro che criticano qualcosa dell’unione come euroscettici .
Qui non si discute della bontà dell’unione e la cooperazione degli stati ma di prerogative fondamentali che dovrebbero appartenere ad uno stato nazione in quanto tale.
L’euro per quanto molti credano che sia stato solo un toccasana, visto lo squilibrio di efficienza fra molti paesi europei, ha di fatto favorito sostanzialmente quei paesi forti come la Germania e la Francia che hanno avuto la meglio anche sulla competitività del nostro paese.
Inoltre in questi giorni si parla di imporre a livello europeo dei massimali entro cui dovranno necessariamente restare i debiti degli stati appartenenti all’unione.
Se questo dovesse avverarsi, a quel punto la nostra sovranità di stato nazione, di fatto scomparirà facendoci diventare sempre più una regione europea governata da una burocrazia senza alcuna legittimità popolare.
Inoltre le direttive che arriverebbero dall’Europa, sarebbero sempre più finalizzate a tagliare la spesa pubblica e ad abbassare il debito pubblico.
Ciò sarà possibile solo attraverso tagli di spesa e maggiore pressione fiscale che probabilmente la nostra classe politica non disdegnerà di fare fatte salve talune attività che, pur essendo assolutamente improduttive e che andrebbero per questo colpite per prime, sono invece funzionali al mantenimento della “casta”.
Continuando così, non solo il popolo italiano sarà sempre più impoverito e asservito a burocrati e speculatori, ma sarà sempre meno fiero e disponibile a festeggiare qualsiasi anniversario della sua unità.
Milano 21 maggio 2010
Alberto Cacciatore
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