Se Adam Smith si svegliasse dalla sua tomba e desse un’occhiata a quello che è diventato il “laissez-faire”, con molta probabilità non crederebbe ai suoi occhi .
Anzi son quasi certo che lo “spettatore imparziale”, da lui immaginato nella sua opera “Teoria dei sentimenti morali” (1759) col compito di giudicare i comportamenti etici, sarebbe certamente molto contrariato nel vedere quanto gli stessi siano, almeno in ambito economico, quasi del tutto scomparsi.
Questo triste capitolo dell’evoluzione umana penso sia da imputare a quel processo inarrestabile di crescita del mercato dei capitali finanziari e delle valute.
La globalizzazione e le nuove tecnologie informatiche hanno infatti favorito un rapido sviluppo della finanza mondiale e con essa le innumerevoli possibilità speculative in ogni angolo della terra.
Questo diabolico meccanismo ha ormai sostituito la vecchia figura dell’imprenditore produttivo con l’affarista speculativo (paragonabile per certi versi alla figura individuata già da Thorstein Veblen in “La teoria della classe agiata” - 1899) creando in questo modo una fortissima instabilità a livello di domanda globale di beni. A causa anche delle incertezze valutarie dei mercati, ora accade che i capitali non si immobilizzano più in progetti durevoli di lavoro ma “vagano” alla ricerca di utili a breve termine.
Tradotto in parole più semplici, questo significa che i profitti non sono più legati alla produzione delle aziende e quindi degli uomini che in esse e per esse operano (imprenditori/lavoratori), ma dai listini borsistici e dai loro corsi altalenanti.
Si è creato in definitiva uno scollamento radicale tra un’economia basata sul lavoro e la produzione e un’economia fatta semplicemente di computer, di bit, di carta finanziaria e carta monetaria.
Di etico in un sistema del genere si capisce che c’è ben poco, lo ha ricordato anche Benedetto XVI nella sua recente enciclica “Caritas in veritate” nella quale ha ribadito l’importanza di ripensare l’economia sotto una luce più ispirata al dono e alla comunione.
Tuttavia, se volessimo fare uno sforzo mentale, potremmo trovare anche in questa nuova forma “finanziario-produttiva” qualcosa che abbia a che vedere con l’etica. Potremmo illuderci pensando che le capitalizzazioni di borsa possono ritornare prima o poi in modo stabile nel circuito dell’economia reale ossigenandola con nuove risorse in grado di rilanciare lavoro e produzione a tutto vantaggio della collettività. Peccato però che attraverso assicurazioni, sim e società finanziarie in generale, il risparmio viene sempre più sottratto ai redditi da lavoro e canalizzato in nuovi circuiti finanziari alla ricerca di maggiori e più lucrose rendite.
La verità è che dietro l’illusione di speculazioni faraoniche a beneficio di quei pochi che gestiscono e manovrano questo post-capitalismo finanziario, si stanno pian pianino smantellando interi comparti di welfare state come la sanità, la previdenza, l’istruzione oltre che l’energia, l’acqua ed i trasporti.
In sostanza stiamo assistendo inermi alla mercificazione dei nostri stessi diritti sociali.
Ma la conseguenza più grave di tutto ciò è che, a seguito della nuova gerarchia rendita finanziaria, profitto produttivo e reddito da lavoro, tutta la vita di ogni essere umano è pervasa dalla produzione creando dipendenza assoluta da un reddito presente e futuro (es. per assistenza e/o accesso ai servizi sociali)
Sotto gli occhi impotenti della politica accade paradossalmente che il lavoro diventa sempre più precario ma, allo stesso tempo, sempre più necessario a garantire un reddito che consenta di espletare anche le più semplici libertà declassate oramai, a mere formalità.
Sembra proprio che questo capitalismo sovrano, fatto di finanza e multinazionali, sia arrivato all’ultimo atto dove ogni persona è dominata ed espropriata della sua stessa vita in virtù di un “vangelo” che ci ha “convertito” tutti al laissez-faire.
Chissà cosa avrebbe detto Adam Smith..!
01 febbaio 2010
Alberto Cacciatore
Pubblicato su : www.galatina.it
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