Siamo a ridosso di un nuovo Natale e di un altro anno che sta per andarsene per sempre. Come al solito le cose dell’economia vanno sempre peggio e, come al solito, a breve, si faranno discorsi ufficiali di fiducia e di speranza in un futuro che, evidentemente, non ha niente a che vedere con quello economico, in quanto quest’ultimo, purtroppo per noi, è già stato abbondantemente ipotecato. E’ ormai evidente come nell’ eurosistema, l’economia non è un affare che riguarda più la sovranità delle nazioni e pertanto i politici, “sgravati” da questa pesante incombenza, si potranno dedicare ad altri aspetti della vita dei loro concittadini che hanno, si fa per dire, valori “più alti”.
Peccato però che le cose non stiano proprio così. Ogni occupazione economica, per quanto possa sembrare di rango inferiore rispetto ai grandi valori della vita, rappresenta lo strumento principale mediante il quale ogni persona persegue i fini ultimi della sua esistenza. Ciò significa che il movente economico è sempre intermedio rispetto a ogni fine umano. Disporre di un reddito e quindi di denaro, significa in ultima analisi poter appagare il proprio personale spirito di libertà.
Purtroppo la tendenza storica ad avere stati sempre più pervasivi nelle questioni economiche ha creato i presupposti affinché tutte quelle categorie di lavoratori più o meno organizzate, si potessero ritagliare dei privilegi duraturi a scapito di tutti gli altri. In questa situazione perversa, quel che è peggio è che, così facendo, nel lungo periodo hanno minato anche le loro stesse posizioni. Infatti, quando si salvaguarda ogni sorta di interesse particolare, non si fa altro che limitare le opportunità e la libertà di tutti e di conseguenza, si pregiudica ogni ulteriore possibilità di sviluppo.
In altre parole, volendo tradurre il concetto in un esempio più concreto, si può dire che se si dispone di una torta e qualcuno al di sopra di tutti decide che della stessa, un pezzo considerevole debba andare sempre a dei soggetti ben individuati, non solo gli altri avranno meno risorse e quindi minore libertà di scelta, ma col tempo, la stessa torta rischia di diventare sempre più piccola fino a quando anche le fette “garantite” saranno a rischio.
Se gli stati, abusando della loro sovranità economica, hanno fallito, non è certo delegando quest’ultima ad una autorità sovranazionale irresponsabile come l’UE che potranno pensare di risolvere i loro problemi. Quel che servirebbe a mio giudizio, è solo un potere politico sovranazionale che freni, al massimo, le esuberanze economiche dei vari paesi. In altre parole, l’UE non può avere il potere di dirigere i diversi popoli sulle cose da fare, ma può solo trattenerli dall’agire procurando danni agli altri.
Una Unione Europea fondata su basi federali o meglio ancora confederali sul modello svizzero, avrebbe in questo servito meglio i suoi popoli. Invece, si è scelta una via che inevitabilmente porta al conflitto di interessi. Come scrisse a suo tempo l’austriaco Friedrich von Hayek: ”[…].Comporta poca difficoltà pianificare la vita economica di una famiglia, e difficoltà relativamente lievi si trovano nelle piccole comunità. Ma, quando la scala aumenta, la misura dell’accordo sull’ordine dei fini diminuisce e cresce la necessità di contare sulla forza e sulla coercizione. In una piccola comunità esisteranno in capo a un gran numero di soggetti comuni opinioni sull’importanza relativa dei principali compiti, modelli consensuali di valori. Ma il loro numero diventerà sempre meno ampio via via che allarghiamo il contesto; e, quando viene meno la comunità di opinioni, cresce la necessità di affidarsi alla forza della coercizione.”(1)
Su quali basi morali si pensa di pianificare in Europa la vita di tanti popoli diversi? Come si fa a dire al pescatore norvegese che deve rinunciare alle prospettive di miglioramento economico perché qualcuno ha stabilito a livello centrale che bisogna aiutare il suo compagno portoghese? Tale pretesa, oltre ad essere velleitaria è anche miope in quanto non vede il grosso limite di libertà al quale tende.
A questo punto, visto che i potenti evidentemente vivono su un’altra dimensione che non è quella dei semplici, l’unica speranza che rimane è quella di rivolgersi a Gesù Bambino e, nella solita lettera di Natale, chiedergli:
•una minore crescita che tralasci il superfluo ma garantisca le cose importanti;
•una maggior disponibilità di tutti gli uomini di buona volontà a considerare il dono come componente importante della vita;
•la consapevolezza che il privilegio non è per sempre;
•di farci riscoprire la bellezza del capitale come spirito creativo ponendo fine a monopoli di vario genere e a una finanza speculativa sempre più egoista e irresponsabile.
Sono solo poche cose ma, visto che per noi sono proprio complicate da ottenere, almeno ci aiuti lui che è divino.
Milano 04.12.2012
(1) Friedrich August von Hayek, La via della schiavitù. Rusconi Libri 1995 p.280-81
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