sabato 5 febbraio 2011

Debito, Moneta e Inflazione: Una soluzione a portata di mano

Con l’inizio del nuovo anno negli ambienti della politica sembra cominci a circolare la voce dell’introduzione di una tassa patrimoniale per ridurre l’ormai mostruoso debito pubblico italiano. Già in passato questa soluzione era stata adottata dal Governo Amato che con l’ennesima promessa di rimettere i conti in ordine, aveva spinto gli italiani a sacrificarsi nella prospettiva di un maggior benessere futuro. Sempre in questa ottica poi, rafforzata anche dall’emergenza, i cittadini si sono dovuti ancora spremere per salvare il sistema bancario da un disastro economico-finanziario dettato da una loro incauta e spavalda attività operativa.

Se pertanto siamo ancora qui a parlare di patrimoniale è evidente che lo strumento non solo non ha funzionato, ma come può facilmente notare un qualsiasi uomo della strada dotato di buon senso, rappresenta solo la solita minestra fino al prossimo sacrificio.

Oltretutto si dimentica spesso di dire che, a causa di un sistema economico ingessato, i sacrifici sono ormai la quotidianità e questo rende ancora più vere e drammatiche le parole di Keynes quando affermava che nel lungo periodo siamo tutti morti.

Il debito pubblico, come ho già avuto modo di scrivere, è in realtà inestinguibile a causa del suo stesso meccanismo che lo genera. Esso non consente al paese di liberare le sue energie migliori e lo tiene stretto in una morsa che giorno dopo giorno si fa sempre più asfissiante.

Uno Stato che operasse per un “bene comune” che garantisca, la vita, la libertà e il perseguimento della felicità per il suo popolo, attraverso l’esercizio della sua piena e legittima sovranità monetaria, non avrebbe bisogno di indebitarsi verso banche private. Esso potrebbe emettere, semplicemente stampando, tutta la moneta di cui ha bisogno. Fino a quando esistono lavoratori disoccupati e strutture di produzione inattive come in questo periodo, il nuovo denaro può aggiungersi alle scorte senza che i prezzi subiscano variazioni significative. L’inflazione si genera solo quando la domanda di maggior denaro aumenta più velocemente della fornitura di beni e servizi. Ecco perché, se il denaro è usato opportunamente per investimenti produttivi, l’inflazione non può generarsi.

Purtroppo fino ad oggi il denaro creato (o alleggerimento quantitativo come più comunemente viene definito) è servito solo per sanare i bilanci bancari senza entrare per questo nell’economia produttiva.

Quindi in una situazione fortemente deflativa come quella italiana, sommata all’enorme debito pubblico, è veramente difficile pensare di poter far risalire il PIL ad un livello dignitoso. Anche perché, nell’attuale vortice della globalizzazione dove tutti gli stati vogliono esportare, non si capisce chi sono gli importatori che consentiranno a quest’ultimo di crescere. Inoltre non è neanche possibile pensare che la domanda interna possa supplire alla mancanza di esportazioni, dato che è già logorata da un’elevata pressione fiscale, dai tagli alla spesa pubblica e da redditi sempre più bassi e precari. Una ulteriore spremitura può solo aggravare la deflazione e con essa lo stato d’animo degli italiani.

Allora ci dobbiamo solo rimettere alla bontà della BCE sperando che magari segua, prima o poi, il consiglio di Keynes che, in casi estremi, suggeriva di far scavare delle buche nel terreno per nascondere del denaro e fare in modo che successivamente, la gente potesse ritrovarlo per spenderlo.

Oppure, facendo riferimento alla battuta di un altro economista molto più in sintonia col modo di operare delle banche centrali, Milton Friedman, si potrebbe pensare di arrivare con gli elicotteri e buttare giù quanto più denaro possibile.

Sperando almeno che lo si faccia in una giornata poco ventosa, potrebbe forse rappresentare la vera soluzione alla crisi.

3 febbraio 2011

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sabato 18 dicembre 2010

QUELLO CHE I POLITICI DOVREBBERO SAPERE

Ci stiamo ormai avviando alla chiusura di questo tormentato 2010 e anche quest’anno purtroppo il bilancio non può certo giudicarsi positivo. Nonostante i tiepidi tentativi da parte della stampa accreditata di diffondere qualche speranza di ripresa della nostra economia, abbiamo dovuto assistere impotenti ad un peggioramento della situazione macroeconomica.

Se qualcuno tuttavia si era illuso che almeno la nostra politica fosse in grado di lenire questa pesante situazione con interventi responsabili e non semplicemente demagogici e di facciata, purtroppo oggi deve constatare che la nostra Italia si trova a navigare in un mare impetuoso priva di un nocchiero tenace e determinato nel volerla sottrarre veramente agli abissi.

La speranza allora di riuscire a navigare in acque più tranquille la si rimanda all’anno nuovo con la solita illusione che qualcosa e/o qualcuno possa cambiare in qualche modo la storia.

Magari si penserà che dovendo festeggiare 150 anni della sua “navigazione unitaria” sia arrivato il momento di sottrarla alle onde e riportarla nel porto dove fare quei necessari interventi di ristrutturazione che le consentiranno di solcare nuovamente gli oceani.

Se questa fosse l’idea, allora è il caso di far sapere ai “politici ristrutturatori ” della nave, dove si nascondo le ammaccature più insidiose per evitare che passino inosservate:

Utopie

E’ ormai finito il tempo delle utopie ideologiche. Il comunismo come il fascismo hanno per fortuna concluso la loro portata storica.

Mercato e concorrenza

Non è possibile pensare di ridurre ogni campo della vita umana a solo atto mercantile.

Il concetto di mercato concorrenziale così come ci arriva dalla tradizione, rimanda ad aziende sostanzialmente piccole. La concorrenza perfetta è rimasta solo una mera teorizzazione accademica. Oggi chi fa da padrone sono le multinazionali e il sistema bancario e finanziario.

Come ha dimostrato autorevolmente ormai da tantissimi anni Piero Sraffa anche agli accademici di Cambridge, la teoria marginalista è inconstistente. L’idea di un mercato autoregolato appartiene alle utopie.

Privatizzazioni

Non si può pensare di privatizzare tutto, solo gli stupidi possono pensare a frasi del genere “meno stato e più mercato”. Lo Stato di una Nazione deve avere comunque un ruolo regolatore nel sistema economico-sociale. Esso deve essere garante del benessere sociale e non va confuso acriticamente con uno Stato assistenziale.

Scarsità delle risorse finanziarie

La limitatezza delle risorse monetarie e finanziarie è una mistificazione. Non esistono limiti alla creazione di mezzi finanziari a patto che, gli stessi, siano investiti produttivamente per creare ricchezza, solo in questo modo non si genera inflazione ed è possibile creare lavoro, sviluppo e benessere per tutti.

Banche e Banche Centrali

Il sistema bancario rappresenta la grande “onda anomala” in grado di abissare qualunque nave di qualunque stazza e portata. Il loro potere di creare denaro dal nulla è uno dei più grandi problemi da risolvere se si vuole sperare ancora di navigare con serenità. In una economia creditizia la creazione di moneta è endogena e non esogena al sistema. Bisognerebbe limitare il denaro da destinare alla speculazione rispetto a quello rivolto agli investimenti produttivi.

Banca d’Italia

Si tratta di un conflitto di interessi di gran lunga più grande di quello solitamente noto a tutti. La Banca d’Italia è di fatto una struttura privata controllata da coloro che dovrebbe in realtà controllare. Una vera Democrazia dovrebbe vigilare seriamente su questi rapporti.

Globalizzazione

La globalizzazione così com’è serve solo ad impoverirci. Infatti essa fa leva solo ed esclusivamente sulla competizione dei prezzi e sull’esportazione e non tiene conto dello sviluppo e della soddisfazione della domanda interna agli Stati. Le Istituzioni Internazionali che la governano, dovrebbero seriamente e onestamente rivedere il loro operato.

PIL

E’ un indicatore che non serve a misurare il benessere di una collettività. Va ripensato anche in funzione di una economia più sostenibile e maggiormente focalizzata sulle persone e sulla loro vita. A cosa serve avere un'alta percentuale di PIL se poi si sprofonda nella spazzatura, nel crimine, nell’inquinamento, in città fatiscenti, in scuole che cadono a pezzi, nella mancanza di servizi sociali...etc.etc.

Unione Europea

Il trattato di Maastricht non è il Vangelo e quindi può essere rivisto in alcune sue parti essenziali. L’Euro, rappresenta una risposta fatua ai problemi economici e monetari dei paesi europei. Siamo di fronte ad una riaffermazione di un liberismo economico che confonde l’iniziativa privata con la salvaguardia ad oltranza di posizioni privilegiate.

Ora non resta che aspettare come sempre l’anno nuovo e sperare che tutti i politici siano più attenti e concentrati e che nel frattempo, il mare si calmi e la nave continui a reggere.

Milano 15/12/ 2010


Bibliografia utile:

SMITH, ADAM, Teoria dei sentimenti Morali, BUR 1995
SMITH, ADAM, La ricchezza delle Nazioni, UTET
KEYNES, JOHN MAYNARD, Esortazioni e Profezie, Il Saggiatore 1983
GALBRAITH, JOHN KENNET, L’Economia e l’Interesse Pubblico, Mondadori 1974
GALBRAITH, JOHN KENNET, L’Economia della Truffa, Rizzoli 2004
GALBRAITH, JOHN KENNET, Soldi, Mondadori 1997
STIGLITZ, E. JOSEPH, La Globalizzazione e i suoi oppositori, Einaudi 2002
STIGLITZ, E. JOSEPH, La Globalizzazione che funzione, Einaudi 2006
ALVI, GEMINELLO, Le Seduzioni Economiche di Faust, Adelphi 1989
POLANYI, KARL, La Grande Trasformazione, Einaudi 2000
STEINER, RUDOLF , Filosofia della libertà, Editrice Antroposofica, ed. italiana  2003
SRAFFA, PIERO, Produzione di Merci a Mezzo di Merci, Einaudi 1960
CAFFE’, FEDERICO, Lezioni di Politica Economica, Bollati Boringhieri, 1978
GALLONI, NINO, Struttura dell’Economia e Prospettive della Politica Economica, Ed. Studium
GALLONI, NINO e DELLA LUNA MARCO, La Moneta Copernicana, Nexus edizioni, 2008
GALLONI, NINO, Il Grande Mutuo, Editori Riuniti 2007
FINI, MASSIMO, Il Denaro Sterco del Demonio, Marsilio Saggi, quarta ed. 2008
FINI, MASSIMO, Sudditi, Marsilio 2004
NIALL, FERGUSON, Ascesa e declino del denaro, Mondadori 2009
LE GOFF, JACQUES, Lo Sterco del Diavolo, il Denaro nel Medioevo, Laterza, 2010
DE BIASE, LUCA, Economia Della Felicità, Feltrinelli, 2007
PERKINS, JOHN, Confessioni di un sicario dell’Economia, Minimum fax 2005
MAGLI, IDA, Per una rivoluzione italiana, Baldini&Castoldi 1996
MAGLI, IDA, La Dittatura Europea, BUR 2010
DELLA LUNA, MARCO e MICLAVEZ, ANTONIO, Euroschiavi, Arianna Editrice 2007
LANNUTTI, ELIO, La Repubblica delle Banche, Arianna Editrice 2008

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lunedì 22 novembre 2010

CHI PORTERA’ I FIORI A KIRCHNER?

Qualche settimana fa è morto improvvisamente per un infarto Néstor kirchner ex -presidente argentino e futuro candidato alle elezioni dell’anno prossimo.

Nonostante si tratti della morte di un ex Capo di Stato, immagino tuttavia che sulla sua tomba, non sarà mai posato un fiore di qualche uomo d’affari.

Il motivo è molto semplice. Kichner salito alla presidenza del suo paese nel 2003, si trovò a dover gestire una situazione a dir poco catastrofica.

L’Argentina fino al 2001, data del suo storico tracollo economico, era stato un paese dell’America Latina votato più di ogni altro, al modello neoliberista. La conseguenza più immediata di ciò, fu una serie di politiche economiche volte a far crollare rapidamente le barriere commerciali e finanziarie, a privatizzare buona parte delle imprese pubbliche e non ultima, in una chiave di globalizzazione e di efficienza economica, l’ancoraggio del pesos al dollaro.

Ovviamente tutte queste misure furono fatte con il benestare del Fondo Monetario Internazionale che vide di buon grado anche la “dollarizzazione” di quella economia.
Con l’inizio del nuovo millennio però queste “brillanti” politiche economiche mostrarono l’altra faccia della medaglia. Ovvero un paese in bancarotta con un debito vicino ai 100 miliardi di dollari, una disoccupazione del 21,5% e il 53% degli argentini al di sotto della soglia di povertà.

E’ In questo scenario non certo idilliaco che fa la sua comparsa Kirchner. Con la presa del potere il neo-presidente si trovò nella delicatissima posizione di chi doveva scegliere fra il dare priorità nel saldare i creditori o concentrarsi sulla ripresa economica del suo paese. In due parole o il debito o la rinascita.
Kirchner optò per una via di mezzo dicendo ai creditori dei titoli argentini che questi ultimi sarebbero stati rimborsati solo con un forte sconto sul loro valore.

I molti possessori di quei titoli a quel punto fecero la voce grossa e invocarono anche l’intervento del FMI. Nonostante ciò, Kirchner fu perentorio ribadendo che quella era l’unica possibilità rimasta ai creditori. Lui infatti per pagare i debiti non avrebbe tassato ulteriormente gli argentini che versavano in una povertà assoluta. Oltretutto invitò i creditori a visitare con i loro occhi i quartieri poveri del paese.

Di fronte a questa determinazione l’unica cosa di buon senso da fare fu cedere alle sue condizioni.
Oggi tutti sanno come è andata a finire. Molti istituti finanziari internazionali (tra cui anche italiani) prima della dichiarazione ufficiale di Kirchner sul default, si affrettarono a disfarsi di quei titoli che poco tempo prima avevano fruttato alti interessi. Questi furono “generosamente” collocati a tanti piccoli risparmiatori che si sono ritrovati poco dopo con un bel mucchio di carta da incorniciare.

Oggi comunque Kirchner riposa in pace e i fiori sulla sua tomba li portano gli argentini.

22 novembre 201

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martedì 26 ottobre 2010

L’ULTIMA SPIAGGIA: L’ABBANDONO DELLA MONETA EUROPEA

La deflagrazione della crisi finanziaria che ha colpito le economie occidentali si sta dimostrando sempre più seria e impetuosa. Nonostante le banche centrali abbiano quasi incessantemente operato interventi di quantitative easing (cioè la creazione di denaro per acquistare direttamente i titoli di stato) per aiutare i governi in difficoltà, purtroppo questa cascata di moneta fresca non ha generato apprezzabili cambiamenti nella massa monetaria.


Questo perché, il nuovo denaro, invece di essere messo in circolazione per ossigenare l’intero sistema, è andato a finire principalmente all’interno dei bilanci delle banche in difficoltà al fine di risanarli.

All’orizzonte a questo punto sembra affacciarsi una forte deflazione che potrebbe essere veramente molto pesante visto l’imperativo dettato dall’UE di ristrutturare i bilanci e tagliare la spesa pubblica degli Stati.

L’unico modo forse per venirne fuori da questo stallo economico, come ha fatto notare anche lo stesso Premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, è quello di immaginare un nuovo scenario che, per quanto sconcertante, può dare il via ad una effettiva ripresa.

Il nuovo scenario al quale allude Stiglitz è la fine del sistema monetario europeo così com’è oggi per essere ripensato senza la Germania la quale, tirandosi fuori dalla moneta unica, consentirebbe all’euro di svalutarsi e darebbe d’un colpo la possibilità agli altri paesi di tornare a crescere.

Il marcato squilibrio delle economie di molti di loro non consente infatti al momento di vedere soluzioni differenti da quelle ipotizzate dal premio Nobel. Purtroppo se non si dovessero attivare misure così drastiche, il perdurare di un alto valore dell’euro porterà prima o poi di sicuro qualche paese al collasso generale.

Certo per molti sembra quasi assurdo pensare di poter abbandonare la moneta unica così fortemente voluta e sostenuta con certezza per tanto tempo ma, in un quadro economico di recessione come quello che si va delineando, la riduzione della spesa pubblica e la pressione fiscale rischia di agire pesantemente sull’economia reale abbattendo fortemente i consumi.

Siamo in sostanza nella situazione “della trappola della liquidità” già ipotizzata negli anni ’30 dal famoso economista inglese John Maynard Keynes nella quale non è più possibile abbassare i tassi di interesse per svalutare la moneta e quindi l’ultima spiaggia per farlo con l’euro potrebbe essere quella di rinunciare alla Germania.

D’altra parte come è stato fatto notare in più occasioni dagli economisti, la moneta unica non rispecchia più in maniera coerente l’intera Europa. Per capirlo basta riflettere su come molte delle economie dei vari paesi dell’unione viaggiassero già da molto tempo a ritmi e a velocità differenti.

Questo ha provocato uno squilibrio strutturale che inevitabilmente oggi presenta il conto.

Se pensiamo ad esempio alla Germania che è il pezzo forte (in termini economici) dell’UE, vediamo che la stessa si appresta a chiudere l’anno, secondo una stima del FMI, con una crescita del +3,3%.

Si tratta del tasso di crescita più elevato dai tempi della sua riunificazione. Nel quadro macroeconomico generale è di certo un bel risultato. Mentre altri paesi come l’Irlanda e la Spagna, rischiano seriamente e ormai apertamente di precipitare nell’abisso.

Una svalutazione dell’euro per questi paesi è quindi l’unica possibilità che hanno per rilanciare in una chiave inflazionistica le loro economie e ricominciare a crescere.

Infatti, come è stato opportunamente fatto osservare, in questa ingarbugliata situazione economico-finanziaria forse per l’UE è meglio che si svaluti l’euro che far rimpiangere e magari far rispolverare vecchie monete nazionali.


Milano, 24/10/2010

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domenica 3 ottobre 2010

LA MALEDIZIONE CINESE

“…Che tu possa vivere in tempi interessanti!” È una “raffinata” maledizione cinese che in questo momento storico sembrerebbe quasi essere rivolta a tutte le economie occidentali che stanno sprofondando in una fortissima crisi economica e sociale.

Vivere tempi interessanti, per i cinesi, significa attraversare un periodo di forte cambiamento nel quale tutti i punti di riferimento e le certezze acquisite crollano d’un colpo, mettendo così a dura prova la resistenza e la capacità di sopravvivere al drastico cambiamento.
Eppure, nonostante questa traumatica sensazione che molti purtroppo avvertono, questi periodi così tumultuosi per l’economia e la politica in generale, rappresentano forse più che una maledizione, una grande opportunità per tutte quelle coscienze in grado di togliere la maschera e i filtri al funzionamento di questo sistema economico per comprenderlo finalmente fino in fondo.

Quello che forse bisogna sapere per non farsi sopraffare è che quest’ultimo, ha creato un’allucinazione di scarsità della risorsa monetaria facendoci credere che la stessa sia limitata da fattori esterni all’economia e quindi generabile solo attraverso un meccanismo di indebitamento. Questo inganno strutturale e anti-scientifico purtroppo non solo genera conseguenze e sofferenze molto pesanti per le genti ma porta gli uomini a comportamenti assolutamente innaturali.

Questi “tempi interessanti” però oggi ci consentono di capire quell’importante legge, o costante, dell’economia reale secondo la quale, avallando e condividendo anche politicamente un modello economico basato su dati di comodo allo scopo di ricavarne un profitto a breve termine, prima o poi, quel modello provoca danni incalcolabili sulla collettività anche se, questi ultimi, si manifestano in tempi successivi e su soggetti diversi da chi li ha provocati.

La stessa globalizzazione voluta principalmente dalle oligarchie finanziarie e fatta passare come la nuova El Dorado, in realtà sta rendendo l’economia sempre più schizofrenica.

Per capirlo basta riflettere su cosa avviene al livello micro di ogni singola impresa e a livello macro di economia aggregata.

L’impresa se vuole rimanere sul mercato dovrà necessariamente tagliare i costi e sacrificare sull’altare della competitività: l’occupazione, la salvaguardia dell’ambiente, la salute etc.. A livello macro invece, occupazione ed ecosostenibilità dell’ambiente assurgono a valori da difendere e da perseguire con opportune politiche economiche.

In tutta questa follia globale, le nostre economie si svuotano sempre più della loro capacità produttiva per trasferirla nei paesi dell’est e scoprire poi che, quegli stessi prodotti una volta resi “competitivi”, saranno venduti nei nostri stessi paesi che nel frattempo hanno perso buona parte del loro potere d’acquisto. Intanto la Cina con la sua moneta sovrana, cresce a ritmi vertiginosi e fa shopping di asset in ogni angolo del mondo non curandosi del fatto che quei paesi, ormai svuotati della maggior parte delle loro aziende migliori e per il fatto di doversi pagare la propria moneta, sono costretti a muoversi come le lumache sperando in una possibile ripresa di pochi punti percentuali.

Allora forse è il caso di riflettere seriamente (ma la politica e il corpo mediatico che la sostiene riuscirà a farlo?) su concetti come moneta, profitto, lavoro e tecnologia affinché si possa continuare a parlare di imprenditorialità, di creatività, di innovazione, di sviluppo e forse di un futuro per le nuove generazioni.

Se ciò sarà possibile, a quel punto saremmo passati dalla miope visione “tolemaica” dell’economia a vantaggio di pochi a quella “copernicana” a vantaggio di molti e avremmo trovato certamente l’antidoto contro ogni possibile anatema che ci consentirà di vivere serenamente ”… in tempi interessanti”.


Milano 23.09.2010

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sabato 2 ottobre 2010

E' POSSIBILE DIFENDERSI DAL CALDO DELLA CRISI?

Oltre al caldo meteorologico, quest’anno i mesi estivi rischiano di essere seriamente anche surriscaldati da una crisi mondiale che tarda ad allontanarsi dalle nostre già duramente provate economie.

Tutte le borse internazionali alternano giornate di cauto ottimismo a più sconfortanti e frequenti ribassi dei loro valori mobiliari. Ciò significa che nonostante la politica continui a gettare acqua sul fuoco raccontando che all’orizzonte ormai si scorge il sole della ripresa, i mercati finanziari risaputamene più sensibili ai segnali economici, continuano ad essere ancora instabili.

A dire il vero, passato lo tsunami dei subprime e dopo l’apertura del paracadute pubblico per molti istituti bancari, l’economia mondiale e con essa quella europea, dovrebbe anche se lentamente a questo punto innescare la marcia della ripresa. Ma purtroppo non bisogna dimenticare che con la globalizzazione e la relativa apertura dei mercati dei capitali, gli stati sovrani si trovano, loro malgrado, sempre esposti a possibili e ciniche speculazioni che frenano il motore dello sviluppo generale.

Ma al di là della speculazione finanziaria sempre in agguato, la nostra Europa tarda a ripartire anche perché questa crisi, ha radici strutturali più profonde che vedono la maggior parte degli stati, (USA compresi) eccessivamente indebitati. Si tratta di una situazione quasi paradossale in quanto se da un lato è senz’altro importante attuare da parte dei governi politiche di rigore volte a ridimensionare la loro esposizione debitoria, che per alcuni stati è già molto preoccupante, dall’altro è altrettanto necessario evitare che queste politiche non si trasformino in un pesante boomerang che, nell’ottica di una riduzione della spesa pubblica, comprima ancora di più reddito e potere d’acquisto delle famiglie frenando la già debole ripresa in atto.
A questo quadro così complesso, si unisce poi anche una Cina che continua a fare al mondo una concorrenza qualitativamente squilibrata. I cinesi infatti non sembrano mostrare segni di voler contenere le loro esportazioni rivalutando la loro valuta in una logica di cooperazione internazionale che si prefigga una crescita equa e sostenibile per tutti.

In questo momento per l’Europa, una spinta importante alla ripresa potrebbe senza dubbio arrivare dall’industria turistica di cui detiene indiscussa il primato. Infatti come ha più volte sottolineato l’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite, il vecchio continente rappresenta la meta turistica mondiale per eccellenza e, nonostante la concorrenza di altre regioni del mondo che con la globalizzazione dei mercati cercano di ampliare la propria influenza, è destinata a mantenere anche nel prossimo futuro una posizione di primato (si stima infatti che gli arrivi internazionali tra il 2007-2020 aumenteranno ancora a 717 milioni di unità).

Tuttavia, queste potenzialità possono svilupparsi realmente solo a patto che l’industria turistica riesca a rimanere assolutamente competitiva. Ciò è possibile se tutte le forze in campo (UE, Governi nazionali, amministrazioni locali, operatori finanziari e operatori turistici) riescono a lavorare da subito su obiettivi condivisi in grado di:

· Sostenere la domanda turistica
· Stimolare l’innovazione e l’imprenditorialità;
· Combinare le risorse disponibili in modo efficace;
· Assicurare che lo sviluppo turistico sia sostenibile;
· Fornire “ossigeno” all’industria.

Si tratta di punti di importanza strategica che non hanno una gerarchia prioritaria anche se alcuni possono sicuramente avere un effetto più immediato.
Riguardo al sostegno della domanda turistica è ad esempio improcastinabile creare un marchio Europa che attraverso un programma specifico di marketing possa far emergere i suoi valori e i suoi fattori critici di successo fatti di diversità, cultura, qualità, storia consentendo una netta differenziazione dalle altre mete mondiali.

E’ necessario migliorare le condizioni di viaggio al fine di rendere l’esperienza della vacanza più comoda e gradevole (quindi minori tempi di attesa negli aeroporti, registrazione di visti, collegamenti dei vari modi di trasporto, migliore accessibilità alle attrazioni, etc). Non meno importante è inoltre il rendere uniformi i vari sistemi di valutazione della qualità che consentiranno una maggiore fiducia nei consumatori del prodotto turistico europeo.

In un contesto globalizzato l’innovazione e l’imprenditorialità possono essere favorite attraverso un miglioramento della conoscenza da parte degli operatori turistici dei mercati e dalla disponibilità di dati adeguati volti a individuare opportunità di business, di cambiamento degli scenari o di evoluzione dei consumatori. Bisogna anche iniziare una seria collaborazione fra gli enti di formazione e gli operatori turistici al fine di sviluppare sempre maggiori e qualitativamente migliori competenze da mettere a disposizione di un comparto che mai come in questo momento di forte cambiamento, necessita di professionalità di alto livello con capacità organizzative e creative.

Inoltre è strategico, soprattutto per le PMI, la collaborazione fra operatori privati finalizzata a sviluppare nel cliente un’esperienza globale in un’ottica di catena del valore condivisa. Ma indispensabile è anche la collaborazione del settore pubblico che dovrà necessariamente fare sistema con quello privato partendo dalla consapevolezza che solo così si può vincere la sfida che la globalizzazione ha lanciato su vasta scala.

Infine per una seria e veloce exit-strategy sono vitali tutta una serie di azioni di stimolo che attraverso mezzi di tipo regolamentare, fiscale e finanziario consentano alle imprese turistiche di intraprendere un cammino virtuoso di sostenibilità nelle attività di ogni giorno evitando sprechi e inefficienze. A livello europeo esistono già oltretutto vari fondi che possono essere utilizzati dall’industria turistica per migliorare la propria competitività. L’accesso a forme di finanziamento rimane infatti un ruolo cruciale soprattutto per le PMI.

In questa situazione di difficoltà economica diffusa si sa che le istituzioni finanziarie sono avverse al rischio e, proprio per questo, forse le autorità governative dei vari paesi europei dovrebbero seriamente e urgentemente farsi carico di questo problema sviluppando misure di sostegno finanziario alle imprese turistiche che possano dare lo slancio per ripartire.

Insomma con un pizzico di buona volontà da parte delle istituzioni e un piccolo sforzo di fiducia da parte degli operatori potremo sicuramente superare al meglio questo periodo di “temperature elevate” per goderci successivamente un’aria più “fresca” e sicuramente più “salubre”.


Milano 3 luglio 2010

Pubblicato sulla rivista nazionale HOTEL DOMANI  n.8 Settembre 2010





venerdì 11 giugno 2010

LE MONETE COMPLEMENTARI A DIFESA DELLE ECONOMIE LOCALI



La trasmissione Report di Rai tre del 30.05.2010, nello spazio dedicato alle Goodnews, ha trattato un argomento molto delicato in materia economica raccontando un’esperienza svizzera di alcuni imprenditori che, per riprendersi in mano il loro futuro e quello delle loro economie locali, hanno messo in piedi un sistema di moneta complementare sperimentando così una vecchia teoria di 80 anni fa dell’economista tedesco Silvio Gesell sulla moneta a tasso negativo.

Tale moneta complementare, parallelamente alla circolazione del franco svizzero, di cui convenzionalmente ne prende lo stesso valore, serve a recuperare potere d’acquisto e a rilanciare lavoro e benessere all’interno delle comunità che hanno deciso di adottarla. Da questo esperimento è nata così anche una nuova Banca (Wir Bank) che, attraverso un sistema di compensazione, facilita gli scambi fra gli imprenditori aderenti al circuito.

I realtà quello svizzero è uno dei tanti esempi di monete complementari adottate in molte parti del mondo già da diversi anni.
Infatti, una volta compresa la funzione vera della moneta è cioè quella di facilitare gli scambi fra i vari comparti dell’economia (agricoltura, industria e servizi) e assodato che essa può essere emessa dal nulla creando valore, (praticamente quando noi paghiamo con denaro, la nostra banconota o impulso elettronico, rappresenta la quantità di lavoro o energia spesa in precedenza per ottenerla) rimane da risolvere il problema di fondo di evitare che questo valore, sia creato ad esclusivo beneficio del sistema bancario.

Quest’ultimo infatti, utilizzandolo per erogare prestiti a interesse, si rende particolarmente adatto a destabilizzare l’intero sistema economico. Questo meccanismo perverso alla lunga si scolla completamente dall’economia reale (vedi la presente crisi economica) costringendo imprese e lavoratori a pesanti e lunghi sacrifici.

Le monete complementari, è bene chiarirlo, non hanno ovviamente nessun corso legale ma acquistano valore semplicemente all’interno della comunità che le adotta per i suoi traffici commerciali. Una sorta di “sconto che cammina”.
In questo modo molte comunità hanno salvaguardato il potere d’acquisto derivante dai loro redditi in euro potendo spendere moneta complementare su determinati beni e/o servizi prodotti localmente.

Numerosi sindaci, comprendendo l’utilità di questo sistema e sfidando coraggiosamente lo scetticismo iniziale di molte persone, da tempo sperimentano con successo anche in Italia soluzioni monetarie complementari a tutto vantaggio delle comunità che amministrano.

Ma molti altri esempi di questo genere si possono trovare anche in America del Nord, in Argentina, in Brasile, in Africa, in Venezuela, in Danimarca, in Germania, in Francia, in Austria e in Gran Bretagna.

Certamente nell’attuale sistema macroeconomico le monete complementari non sono la panacea al collasso generale, tuttavia esse consentono di limitare i danni derivanti dall’inflazione e fungere da valido “ammortizzatore sociale”.

In effetti come hanno già notato diversi e attenti studiosi di problematiche economiche e sociali, oggi l’economia globale si trova ad un punto tale di indebitamento esponenziale che i rimedi a questa grande piaga forse sono solo quelli da sempre noti nella storia dell’uomo e cioè:
- un anno sabbatico che come nella tradizione ebraica condoni i debiti e liberi le attività umane da queste catene,
- una guerra che cancelli l’attuale ciclo economico per poterlo riavviare ex-novo subito dopo,
- una profonda e drammatica crisi economica che riporti il sistema in una situazione di tollerabilità.

Personalmente sono scettico sulla prima soluzione, spero vivamente per il bene dell’umanità che non si verifichi mai più la seconda e mi auguro semplicemente che con il tempo l’uomo possa prendere consapevolezza di questo immenso problema e possa ripartire con un nuovo e possibile modello economico che oltre a rilanciare sviluppo e benessere sia anche l’inizio di una rinnovata dimensione umana.

Milano 9 giugno 2010

Pubblicato su: http://www.galatina.it/